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Costuendo un Nuovo Mondo

Riflessioni di Simone Casu

Qualcuno potrebbe pensare che siano stati solo tre giorni di conferenze.  Uno dei tanti incontri dove si dice cose belle e ci si ripromette tante belle cose per poi venire ingoiati il giorno dopo nella  macchina divoratrice di entusiasmi, fatta di doveri, costrizioni, ricatti, compromessi in cui pare regnare il “tanto non cambia niente”.

Ma non è stato così, e non perché un gruppo di entusiasti utopisti (forse) ha vissuto con grande partecipazione l’evento, ed ora presi dalla loro gioia vedono il mondo incamminarsi verso una nuova direzione felici di quanto hanno vissuto.

Credo che al di là dell’entusiasmo volitivo, si sia espresso qualcosa di profondo e ben avviato verso il futuro.

Non si è trattato di un simposio in cui si è raccontato di come-dovrebbero-essere-le-cose senza averle sperimentate.

Non il dire ma il fare e l’esperienza concreta sono stati al centro del Simposio. Il pensare, sentire e agire come se la Nuova Civiltà fosse qui, subito ed ora. Perché di ventuno relazioni solo tre sono frutto di uno studio teorico, di grande profondità certamente, ma teorico, il resto degli interventi mostrava il frutto di esperienze vissute e concrete. E questo non è solo parlare della Nuova Civiltà, ma, umilmente, costruirla fuori dalle luci della ribalta.

Quando leggerete gli atti del simposio, avrete testimonianza come persone tra loro estranee fino a questo incontro, di provenienza ed età differenti e che hanno agito ed agiscono in settori molto diversi della società, siano state così vicine, nel loro agire e nel loro sentire.

Nel susseguirsi delle relazioni pareva che tutti si fossero messi d’accordo, e che in realtà un continuum intenzionale passasse, come una staffetta, da un conferenziere ad un altro, e così via fino a chiudere con Alejandro Wolkof.

Come un filo forte e invisibile una nuova sensibilità ha unito tutti i partecipanti, idealmente e fisicamente, dando ad ognuno un senso di appartenenza più profondo, un sentirsi parte di un “popolo psichico” che dai primi ominidi ha inseguito la libertà e la conoscenza, l’etica e la cooperazione. Non c’erano divisioni tra noi, anche se appartenenti a gruppi diversi, sentiti come abiti esterni, solo vestiti differenti ma sostanzialmente i nostri corpi non erano affatto dissimili,  tutti partecipavano a dare voce ed evidenza ad un desiderio: un mondo diverso e più umano.

L’unione si è data per i tanti punti in comune, che cercherò di riassumere brevemente.

Come primo aspetto nessuno dei relatori ha parlato della propria esperienza dandomi l'idea di mostrarsi bravo o vincente. Nessun prestigio. Nessuno si è raccontato vantandosi di quel che faceva, ma al contrario mostrava il proprio lavoro con la voglia e la sincera necessità di condividerlo, perché era sentimento comune che non esiste ricchezza se per una sola parte del mondo. Non esiste conoscenza se per una sola parte del mondo. Non esiste felicità se solo per una parte del mondo. E per quanto ognuno fosse pieno di senso per la bellezza del proprio operato, esso veniva offerto come al servizio di tutti. Direi senza copyright! La condivisione come valore. Questa sensibilità sembra recitasse più o meno così: per quanto abbia ottenuto buoni o ottimi risultati in quello che faccio e che testimonio a voi, niente di questo avrebbe senso se non per e grazie agli altri che lo condividono con me.

Per cui la prima grande energia che ha vissuto tra noi è stata la CONDIVISIONE aperta e sincera di quanto ognuno ha da offrire al mondo.

Ma è anche vero che vari di noi hanno sentito la necessità di unire le forze, di convergere verso punti semplici e condivisibili che hanno come orizzonte comune quello di usare le risorse - economiche, tecnologiche, culturali, eccetera - al servizio della liberazione dell’essere umano. Liberazione dall’oppressione del Profitto, dello Stato e da tutti quegli strumenti sociali di controllo e coercizione.

Questo secondo punto potrei riassumerlo come una necessità comune di CONVERGENZA verso la LIBERAZIONE delle condizioni aberranti del sistema.

Sul piano della critica v’è stato allo stesso modo grande sintonia. Diverse relazioni parlavano di meccanicismo, di uomo macchina, di morte della creatività, trovandosi d’accordo che le visioni riduttive dell’essere umano rappresentano il grande limite da superare. Visioni fino ad oggi imperanti nell’arte, nella scienza, nella medicina, nell'educazione, nelle periferie urbane e nel considerare i differenti sessi. Non siamo esseri passivi e meccanici ma creativi, imprevedibili, complessi e soprattutto diversi. Non siamo automi e nati per eseguire ma per creare ed essere felici.

Allora porrei come terzo elemento comune  la RIBELLIONE al MECCANICISMO e al RIDUZIONISMO, in tutti i settori della conoscenza e del vivere esistenziale e sociale.

Di conseguenza la nostra diversità è un valore, un valore espresso nell’attenzione da parte di tutti ai diversi punti di vista ed esperienze. Nelle domande c’era interesse e voglia di identificarsi, e non l’intenzione di tracciare linee e demarcazioni di confine con l’obbiettivo di mettere distanza. Più era diverso e maggiormente incuriosiva. La ricchezza, quella vera, non risiede nell’accumulare oggetti o soldi, ma nel saper convivere e valorizzare quanto è diverso da noi.

Senza alcun dubbio la DIVERSITÀ come RICCHEZZA è stato uno dei punti in comune che ci ha fatto sentire parte di una grande ed unica umanità.

È stato molto interessante anche vedere come in diverse situazioni le risposte per affrontare il futuro abbiano avuto come risposta la fede, la fiducia negli altri. Nei pazienti che si curano attraverso una auto determinazione, come anche gli abitanti delle periferie degradate, e le fasce più disagiate deboli si mostrino in realtà capaci di dare risposte che vanno molto più in là di quel che si crede. Fiducia, fede nel futuro percepito come aperto a sempre nuove sorprese positive. Infatti le relazioni non sono state pessimiste, disfattiste, annichilenti o generatrici di chissà quale sensazione di impotenza, ma al contrario ricche di speranza, di positività ed apertura.

Quindi l’APERTURA POSITIVA verso il FUTURO è stata come una spinta presente nei tre lunghi giorni in ognuno di noi.

Ma non è finita qui, è già tantissimo mi direte, eppure ancora altro ci ha fatto sentire uniti.  Forse il sentimento più forte e chiaro: la Nazione Umana Universale ovvero il mondo che vorremo è già qui e vive in noi. Potrei definire quest’ultimo punto come una sorta di consapevolezza che ciò che cerchiamo non è fuori, o solo fuori, ma è un modo di stare, forse somma di tutti i punti precedenti, che può iniziare da subito, qui ed ora. E che questo stare in frequenza e sintonia - come spesso si è nominata durante il simposio - con questo modo di essere, non è una idea astratta ma è un vivere quotidianamente nella Nazione Umana Universale.
Strana cosa questa in cui il desiderio che vive  in noi si tramuta in azioni concrete, si plasma nel mondo facendo vivere ed esistere da subito quella realta interconnessa oltre i vecchi confini e obsoleti limiti. Questa situazione, che pochi decenni fa era solo una bella idea proiettata a futuro, oggi vive nel cuore, nei pensieri e negli atti quotidiani di molte persone.
Merito forse della mondializzazione o della tecnologia o della nuova spiritualità senza idoli e Dei che si muove verso la ricerca del sacro in ogni espressione del mondo. Forse è merito di un desiderio di una intenzione profonda di una voce che torna a farsi sentire nei cuori delle donne e degli uomini, dei ragazzi e delle ragazze dei bambini e delle bambine di questo terzo millennio.

Non so se il termine CONSAPEVOLEZZA della propria ed altrui BELLEZZA e della bellezza dell’universo possa rendere l’idea o il vissuto di questo modo di sintonizzarsi con la Nuova Civiltà, ma è l’unica definizione che mi sembra possa avvicinarsi.

Dei tre giorni condivisi per la ricerca della Nuova Civiltà, sento importante di sottolineare tutto questo, come un miracolo silenzioso che penetra molto più a fondo di ciò che si crede e si proietta in un futuro molto più lontano di ciò che si riesce a intravedere.

Per sintetizzare, in queste riflessioni sul simposio Fondamenti di una Nuova Civiltà, ho voluto soffermarmi su questi punti in comune:

  1. 1. L’esperienza concreta nonviolenta e solidale, è sentita come punto di partenza della Nuova Civiltà
  2. 2. La condivisione umile e generosa è alla base di future ed ambite collaborazioni
  3. 3. La convergenza delle forze per liberare l’essere umano dall’oppressione del Capitale Finanziario
  4. 4. La necessità di ridefinire il ruolo libero e creativo dell’essere umano in contrasto con ogni meccanico riduzionismo
  5. 5. La diversità di punto di vista, di disciplina, di approccio è sperimentata come una attrazione reciproca e non come motivo di divisione e allontanamento
  6. 6. Nessun pessimismo ma grande fiducia nei tempi e soprattutto nelle persone, vere artefici del cambiamento
  7. 7. Percepire e sentire di essere già il Nuovo che si desidera, essere parte del progetto che ci muove

Mi rimane allora solo un grazie, un grazie a tutti e a tutto. Un grazie alla bellissima giornata di Venerdì e alla leggera pioggerellina di domenica, alle forme del Parco di Studi e di Riflessione, agli amici volontari e a tutti coloro che hanno partecipato costruendo e dando un senso vero a quanto da noi costruito. Grazie, nella speranza che le connessioni attivate nel simposio continuino in futuro a funzionare e a farci sentire parte di una unica umanità che si ribella all’apparente destino disumanizzante.